giovedì 21 gennaio 2010

A proposito di farfalle

RAGAZZI: Ecco una nuova tematica da affrontare e discutere sia in narrativa che in poesia...













Dalla quarta di copertina:

" Sono qui per stupirmi", afferma un verso di Goethe...
Bisogna essere ciechi o estremamente aridi se, alla vista di una farfalla, non si prova gioia, fanciullesco incanto, un brivido dello stupore goethiano...
La farfalla, infatti, è qualcosa di particolare, non è propriamente un animale come gli altri, in fondo non è propriamente un animale ma solamente l'ultima, più elevata, festosa e vitalmente importante essenza di un animale...
La farfalla non vive per cibarsi e invecchiare, vive solamente per amare, e per questo è avvolta in un abito mirabile...
Tale significato della farfalla è stato avvertito in tutti i tempi e da tutti i popoli...
È un emblema sia dell'effimero, sia di ciò che dura in eterno...

È un simbolo dell'anima...
Hermann Hesse


Di seguito alcune poesie tratte dal testo di H. Hesse "Farfalle", a cura di Marcello Baraghini, Traduzione di Cristina Scassellati,Illustrazioni di Walter Linsenmaier, Stampa Alternativa, Fiabesca,Terni.
Il volumetto raccoglie racconti, ricordi, poesie, riflessioni, brani tratti da opere diverse.
I disegni riprodotti nelle tavole sono opera di Walter Linsenmaier, oggi considerato uno dei massimi specialisti in disegno, fotografia e pittura di animali, specialmente di insetti. I disegni sono tratti dalla sua opera Insects of the World, edito dalla Mc Graw-Hill Book Company. Walter Linsenmaier vive in Svizzera, dove ha fondato un museo zoologico.

LA FARFALLA NEL VINO
Una farfalla è volata nel mio bicchiere di vino,
ebbra si abbandona alla sua dolce rovina,
remiga senza forze, ora sta per morire;
ecco, il mio dito la solleva via.

Così il mio cuore, accecato dai tuoi occhi,
felice affonda nel denso calice, amore,
pronto a morire, ebbro del tuo incanto
se un cenno di tua mano non compia il mio destino.

FARFALLA AZZURRA
Piccola, azzurra aleggia
una farfalla, il vento la agita,
un brivido di madreperla
scintilla, tremola, trapassa.
Così nello sfavillio d'un momento,
così nel fugace alitare,
vidi la felicità farmi un cenno
scintillare, tremolare, trapassare.
SCRITTO SULLA SABBIA
Ciò che è bello, ciò che incanta,
solo soffio, tremito sia;
ciò che affascina e delizia
grazia senza termine sia:
nube, fiore, bolla aerea,
fuoco fatuo, riso di bimbo,
sguardo di donna allo specchio
e altre cose varie e mirabili
che, svelare, passano via
nello spazio d’un istante,
lieve brezza, soffio di vento:
e noi, tristi, lo sappiamo.


Ciò che dura, ciò che è eterno
non è a noi ugualmente caro:
dura gemma, freddo fuoco,
grevi lampi d’aurei lingotti –
e le stelle innumerabili,
alte e ostili, non somigliano
a noi erranti, non raggiungono
gli abissi fondi delle anime.

Forse l’intima bellezza
(così degna che l’amiamo)
è votata alla rovina:
le sta prossima la morte;
così, i toni della musica
che, sbocciati, già si involano
via scompaiono: sono un soffio,
sono un flusso, sono una caccia,
e in un triste muto alito
se neanche per un palpito
si trattengono, si domano;
ogni nota, appena emessa,
già sparisce e fugge via.

Così il cuore a ciò che svola
e via scorre, a ciò che vive,
è fraterno e sottomesso,
non a ciò che fermo sta.

Presto annoia ciò che dura,
pietra, firmamento e gemma;
a un eterno andare spingono
noi – alito di anime,
come bolle di sapone,
sposi al tempo, che non durano,
cui la stilla sulla rosa,
cui il danzare d’un uccello
o il morire d’una nuvola
trasvolante, o il bagliore
della neve, o arcobaleno,
o farfalla già fuggita,
o la gioia d’un sorriso
che passando non ci sfiori
già significa la festa –
o sgomento. Sì, noi amiamo
chi ci e simile, e lo sappiamo:
il vento scrive sulla sabbia.


Nadia Raimondo,
( afferma...dopo la discussione ed approfondimento di venerdì mattina in classe)
25 Gennaio, ore 19.32
Hermann Hesse oltre ad essere un amabile scrittore, era anche una grande appassionato di farfalle, una passione che va oltre al sapere dire mi piace la farfalla perché è bella. Fin da piccolo coltivò questo amore citandolo in molti dei suoi libri fin a “Farfalle”. Oggi all’uomo manca la sensibilità di percepire la vita nascosta tra sfumature di colori, nella scabrosità di un insetto, nell’erba fresca di rugiada. La natura è vita e ancor più lo è la farfalla. La farfalla è una creatura effimera, è la felicità che viene e se ne va, è la creatura di chi vive con lo grazia di amare. La farfalla ha una bellezza che l’uomo può far divenire sua se sa amarla ed apprezzarla. È immaturo sottovalutare la natura e con essa il suo creatore, è immaturo credere che dietro di essa non ci sia niente, è immaturo anche nascondere la sua dolce essenza di vita. Noi siamo soffocati dal mondo, il mondo non ci appartiene, siamo noi che apparteniamo al mondo e con essa la natura. Noi siamo ciechi di fronte ad essa, se abbiamo la possibilità di vedere allora osserviamo, se abbiamo la possibilità di osservare allora ammiriamo. La farfalla fin dall’antichità è stato l’emblema dell’anima anche se da molto tempo non si riconosce più essa come tale. Abbiamo perso lo stupore, abbiamo perso la voglia di vivere e di apprendere, Goethe affermava :”sono qui per stupirmi”. Lo stupore è nell’ingenuità di un bambino, è nel saper meravigliarsi di un qualcosa dapprima cieco ai nostri occhi. Oggetto valido dello stupore sono le farfalle. Oggi però lo stupore, queste vive meraviglie, trovano le porte chiuse dinanzi ai nostri occhi. L’uomo è cieco lo diceva anche Josè Saramago nel libro Cecità: “ secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, ciechi che vedono, ciechi che, pur vedendo non vedono. La farfalla è degna di essere VISTA, è un animale che anche se nella sua leggerezza racchiude la dinamicità della vita felice, è modello della trasformazione paragonabile a quella dell’uomo. La farfalla è sempre stata conosciuta, oggi però rischia di scomparire se non fosse per pochi collezionisti che conservano la loro bellezza. Anche Hesse era un collezionista, però risulta essere contraddittorio quando citando una frase di J.J. Rousseau li ritiene pietosi a non stupirsi di loro quando sono in vita. E così dietro lo sguardo amichevole di Hesse nei confronti delle farfalle si cela l’incantata malinconia alla vista di quell’ebbrezza di vita. Allora contempliamoci alla caducità della natura e non ignoriamola, Hesse dice: “tutto il visibile è espressione, tutta la natura è immagine, è linguaggio e colorato geroglifico. Nonostante una scienza della natura molto evoluta, oggi non siamo affatto ben preparati,né educati ad una perfetta osservazione e, rispetto alla natura, ci troviamo piuttosto sul piede di guerra.” La natura è meraviglia, amiamo la vita che sta dinanzi ai nostri occhi.
Assunta Scozzafava V A
25 Gennaio 2010, ore 21.30
Farfalle: sinonimo di vita, libertà e sensibilità. Le farfalle sono il simbolo dell'anima -come afferma Herman Hesse- il simbolo di una vita un po' troppo breve. Come abbiamo visto nella "Fiaba d'amore" dello stesso Herman Hesse, neanche in queste poesie le trasformazioni mancano. I bruchi diventano farfalle. E così ogni cosa si evolve, si modifica, cambia, cresce, non resta mai la stessa. La bellezza dei colori delle ali delle farfalle sono i colori della vivacità dell'infanzia dei bambini. Un'infanzia ricca di stupore, di meraviglia e di sensibilità per le cose più banali ma più belle della vita. Gli adulti hanno perso questa sensibilità, non hanno più gli occhi colmi di meraviglia.
Si dice che una cosa la si apprezza nel momento in cui la si perde, poichè la presenza costante di quella medesima cosa diventa banale, quasi inutile. Herman Hesse dichiara che quando era ancora un fanciullo si dilettava a catturare le farfalle. -Ma..- ci chiederemo -lui cattura le farfalle? Proprio lui che le difende, che le elogia?- probabilmente è spinto dalla voglia di catturare la vita stessa, la quale le farfalle sfoggiano con tanto orgoglio.
E' la voglia d'impersonificare la vita in un animale tanto bello quanto fugace. Non si può rendere la vita immortale, poichè è la vita. Possiamo solo cambiare, trasformarci, incontrare altre vite e crearne altre che completano la nostra, così come fanno le farfalle prima di morire!
Michela Mangone
26 Gennaio, ore 18.12
Herman Hesse parla della farfalla come un animale simbolo della vita, non lo definisce un animale come gli altri, ma la più importante essenza di un animale. Attraverso questo argomento Hesse ci fa capire che nella nostra società tutto viene banalizzato, infatti noi non ci commoviamo più come fanno bambini davanti a qualche nuova “scoperta”, non ci emozioniamo più davanti a un tramonto, guardando il mare, il sole o una farfalla. Fin dall’antichità la farfalla è stata il simbolo dell’anima, segno dell’effimero ma nello stesso tempo dell’eternità. Inoltre la farfalla, come la fenice, è simbolo di metamorfosi, nasce sottoforma di bruco, poi diventa crisalide e infine farfalla, ma è anche la raffigurazione della libertà che mostra attraverso la bellezza delle sue ali ornate da mille colori. “L'uomo come il bruco, vive per terra ma desidera il cielo; patisce la pesantezza del corpo ma sente che il volo gli appartiene. La morte è il prezzo del suo mutamento e la sua vera natura lo spinge a trasformarsi in farfalla. Ciò che per il bruco è la fine del mondo in realtà è una bellissima farfalla. L'uomo come il bruco è una farfalla senza ali” (Mizar)
Gilda Ciacci
26 Gennaio 2010, ore 19.33
spero vada bene :
Herman Hesse scrisse moltissimi libri tra cui Farfalle; dove all’interno si trovano le sue annotazioni e i suoi pensieri nell’andare a scoprire la natura . Egli sceglie questi insetti perché sin da piccolo l’ avevano affascinato ; li definisce come la più importante essenza degli animali . Racconta che l’uomo è sempre stato affascinato nello scoprire i segreti della natura , aveva CURIOSITA’ , cosa che adesso è andata a deteriorarsi! è come se ci rimproverasse dicendo che l’uomo con l’ avvio dell’industrializzazione e della modernizzazione non da più importanza alla natura! È come se fossimo abituati a vedere cose a cui ormai non diamo l’importanza ! . Ad esempio molti potrebbero pensare che le farfalle siano solo degli insetti molto belli e “decorativi” , ma come dire .. inutili perché durano pochi giorni di vita e sembra non abbiano alcuna utilità per l’uomo; ma in realtà non è così ! loro hanno caratteristiche che nessun altro animale ha! Le farfalle sono nate per amare non per nutrirsi e invecchiare , sono il segno dell’ anima !! Hesse le mette a confronto con altri animali dicendo la differenza fra uccelli e farfalle ; affermando che gli uccelli se vengono uccisi , il colore delle loro piume diventa più sfocato mentre ; se muoiono le farfalle i loro colori risplendono come se fossero vive ! non perdono il loro splendore, la loro lucentezza . La farfalla è anche segno di mutazione, di TRASFORMAZIONE!
Essa non è statica; difatti passa dall’ essere bruco all’ essere crisalide e in fine farfalla !
Come fa l’uomo a non essere affascinato nel vedere questa bellezza? Siamo veramente così ciechi come afferma Hesse?!?
Anna Mirabelli
27 Gennaio, ore 15.25

Hermann Hesse tra i suoi numerosi libri ne ha scritto uno che tratta di farfalle, per gridare al mondo che la gente ormai è cieca. Tutti noi non ci soffermiamo più a guardare il sole, gli uccelli che volano liberi, le costellazioni e tutto ciò che ci circonda perché ormai per la maggior parte delle persone cio è diventato banale e scontato. Una volta, quando gli uomini non avevano gli strumenti tecnici necessari per osservare bene la natura, si era più interessati ad essa e si ringraziava un "creatore" per aver fatto ciò; ora questo non succede più.
Hesse si è interessato ed ha voluto trattare in alcuni suoi appunti, piccole note e poesie proprio di farfalle perché fin da piccolo ha avuto la passione per questi piccoli animaletti che definì "simbolo dell’anima". La farfalla, afferma Hesse in una sua poesia, è simbolo di felicità perché non dura tanto ed è fugace. A mio parere è un po’ strano che proprio quest’animale sia il simbolo della felicità perché, non vivendo a lungo, ci vuole far capire che non importa quanto vivi ma come vivi quindi vivere come una farfalla in libertà è essere felici. La farfalla simboleggia anche la trasformazione, pertanto mi viene "spontaneo" pensare ad un possibile collegamento con la fiaba “Le trasformazioni di Pictor” che tratta anch'essa appunto di un cambiamento auspicabile per migliorare. In fondo quale essere migliore poteva scegliere Hesse se non la farfalla che da bruco non molto bello diventa una stupenda farfalla? Nonostante ciò, mi trovo in disaccordo con Hesse perché ci ripete che dobbiamo sempre cambiare mentre io penso che si debba cambiare ma non sempre, e che non per forza il cambiamento, quando c'è, sia positivo.
Un altro punto che non mi convince dell'autore è che si contraddice sempre: perchè criticare e criticarsi, cogliere difetti se poi non si cambia?
Luciana Giulino
27 Gennaio 2010, ore 19.46

Hermann Hesse in questo suo libro ci fa capire, oltre alla sua passione per le farfalle, come il mondo nella società moderna sia cieco o comunque arido; la gente tende ormai a banalizzare tutto, non si sofferma più di fronte a nulla, presa ormai da una vita così frenetica, niente riesce più a meravigliarla. Lo scrittore descrive la farfalla non come un semplice insetto ma come la più importante essenza degli animali; infatti afferma che è come una decorazione, un ornamento, un gioiello della natura; inoltre dice che la farfalla non vive per cibarsi ma per amare e per concepire.Un altro aspetto da prendere in esame è la sua trasformazione; infatti la farfalla non è un essere statico; nasce bruco, diventa crisalide e successivamente farfalla. Siccome hanno una vita così effimera, la si pensa come un essere inutile, invece è, secondo me, la vita più bella che si possa vivere: amare e concepire e non pensare solo a nutrirsi...
Laura Fabietti
01/02/2010, ore18.39
Prof finalmente mi si è apertoo..

Herman Hesse, appassionato di farfalle fin da piccolo, dedica un suo libro interamente a questi piccoli animali. In questo libro Hesse definisce la farfalla come "la più importante essenza degli animali", non come un qualsiasi animale. Infatti ci fa notare una differenza, dice che quando un uccello muore perde il colore delle sue penne, mentre le farfalle no, anzi le varie sfumature di colori delle sue ali si accendono di più, e sembrano più vive. Inoltre ci vuole far capire che l'umanità è cieca, nel senso che vede solo quello che vuole vedere. Ormai non ci soffermiamo più a guardare quello che ci sta intorno,la bellezza del mare, di un tramonto, del sole o di una farfalla, ci sembrano cose banali e inutili e inoltre non abbiamo tempo per sederci a osservare la natura. E qua mi viene in mente il collegamento con il libro "Panchine" di "Beppe Sebaste" dove dice appunto questo. Comunque mi stupisco come Hesse , amante delle farfalle, che lui stesso definisce simbolo dell'anima e soprattutto della libertà, le cattura per vederle morte attaccate a un muro.
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Dal testo:
Pagina 5 del testo "Farfalle"

Tra gli scrittori tedeschi del XX secolo, Hesse è sicuramente quello che ebbe il rapporto più intenso con le farfalle.
Tutta la sua attività è disseminata di momenti di attenzione e di ispirazione dettati dall'incontro con le farfalle: dal suo primo romanzo Scritti e poesie postume di Hermann Lauscher (1930) agli ultimi diari (1955).

Raccoglieva farfalle fin da bambino, e persino nel diario del viaggio in India vi sono annotazioni su questa sua passione. In una lettera del 1926 Hesse scriveva: "Ho sempre avuto un interesse per le farfalle e altre fugaci e caduche meraviglie, mentre non mi sono mai riuscite relazioni durature, solide e, per cosí dire, sicure".



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(....)
Pagina 9 e seguenti, op. citata

A proposito di farfalle

Tutto il visibile è espressione, tutta la natura è immagine, è linguaggio e colorato geroglifico. Nonostante una scienza della natura molto evoluta, oggi non siamo affatto ben preparati, né educati a una corretta osservazione e, rispetto alla natura, ci troviamo piuttosto sul piede di guerra. Altri tempi, forse tutti i tempi e tutte le epoche antecedenti la conquista della terra da parte della tecnica e dell'industria, hanno avuto sensibilità e comprensione per il magico linguaggio dei segni della natura e sapevano decifrarlo in modo piú semplice e innocente di noi. Questa sensibilità non era assolutamente qualcosa di sentimentale: il rapporto sentimentale dell'uomo con la natura è un fatto recente, forse scaturito dalla nostra cattiva coscienza nei confronti della natura.
La percezione per il linguaggio della natura, la percezione della varietà che la vita generatrice mostra ovunque, l'impulso all'interpretazione di questo multiforme linguaggio e, ancor piú, l'impulso a una risposta, tutto questo è antico quanto l'uomo. Il presentimento di una unità occulta e sacra dietro la ricca varietà, di una madre primigenia che sta dietro tutte le nascite, di un creatore che sta dietro tutte le creature, questo mirabile impulso primario dell'uomo verso l'alba del mondo e il mistero delle origini è stato alla radice di ogni arte, e lo è ancor oggi, come sempre. Oggi, appariamo essere infinitamente lontani dall'adorazione della natura in quel senso tutto religioso che è la ricerca di una unità dietro la molteplicità, non ci abbandoniamo volentieri a questo infantile stimolo primario, ci scherziamo sopra quando ce lo rammentano. Ma è probabilmente un errore considerare l'intera odierna nostra umanità come irriverente, incapace di avere una esperienza religiosa della natura.

È solo che, al momento, ci è assai difficile, sí, ci è divenuto quasi impossibile, trascrivere innocentemente la natura in miti e personificare infantilmente il creatore per adorarlo quale un padre, come altre epoche poterono fare. Forse non abbiamo neanche tutti i torti, quando a volte troviamo un po' superficiali e poco serie le manifestazioni dell'antica devozione, e quando crediamo di sospettare che la portentosa e fatale inclinazione della fisica moderna verso la filosofia sia, in fondo, un processo religioso. Ora, se possiamo comportarci come devotamente umili o sfacciatamente superiori, se sorridiamo o ci stupiamo delle antiche forme di fede in una natura animata, il nostro reale rapporto con la natura, persino là dove la conosciamo solo piú come oggetto di sfruttamento, è ancora quello che il bambino ha con la madre; e non si sono aggiunti percorsi nuovi a quei pochi, antichissimi, che possono condurre l'uomo alla beatitudine e alla saggezza. Uno dei quali, il piú facile e infantile, è il cammino dello stupore per la natura, dell'ascolto pieno di trasalimenti del suo linguaggio.

"Sono qui per stupirmi!" afferma un verso di Goethe. Con lo stupore si inizia e anche con lo stupore si termina, e tuttavia non è un cammino vano. Se ammiro un muschio, un cristallo, un fiore, un coleottero dorato, oppure un cielo nuvoloso, un mare con il pacato respiro da gigante del moto ondoso, un'ala di farfalla con le sue ben ordinate nervature cristalline, il taglio e le colorite decorazioni ai suoi bordi, la varietà di caratteri e di ornamenti del disegno e le infinite, morbide, mirabilmente ispirate gradazioni e ombreggiature dei colori – ogni volta che riesco a vivere in sintonia con un frammento di natura grazie all'occhio o a un altro senso, ogni volta che sono da essa attirato e incantato aprendomi per un attimo alla sua esistenza e alla sua rivelazione – allora dimentico, in quello stesso istante, tutto l'avido cieco mondo delle umane ristrettezze, e invece di pensare o di impartire ordini, invece di conquistare o di sfruttare, di combattere o di organizzare, in quell'istante non faccio altro che "stupirmi", come Goethe; e con questo stupore non sono solo divenuto fratello di Goethe e di tutti gli altri poeti e saggi; no, sono anche il fratello di tutto ciò che ammiro e sperimento come mondo vivente; della farfalla, dello scarabeo, della nuvola, del fiume e dei monti: perché lungo il cammino dello stupore sfuggo per un attimo al mondo della divisione ed entro nel mondo dell'unità, dove una cosa, una creatura, dice a ogni altra: "Tat twam asi" ("Questo sei tu").

A volte con malinconia osserviamo l'innocente rapporto verso la natura delle generazioni passate; sí, con invidia; ma non vogliamo prendere il nostro tempo piú seriamente di quanto meriti, e non ci vogliamo neanche lamentare per il fatto che nelle nostre scuole superiori non si insegna a percorrere le piú semplici vie alla saggezza; anzi, per il fatto che vi si insegni invece dello stupore esattamente il contrario: il contare e il misurare invece dell'incantarsi, la freddezza invece della meraviglia, il fisso attaccamento alle singolarità separate invece che l'unione col tutto e con l'Uno. Queste scuole superiori non sono scuole della sapienza, ma scuole del sapere; ma nel loro silenzio presuppongono ciò che non riescono a insegnare; la sapienza del vivere, il sapersi commuovere, il goethiano stupore, e i loro migliori spiriti non conoscono meta piú nobile che avvicinarsi sempre piú a quegli eventi, cosí come Goethe e altri autentici saggi.

Le farfalle, di cui si occupa questo discorso, sono dunque al pari dei fiori, per molti, uno dei frammenti piú amati del creato, un oggetto particolarmente apprezzato e valido di quel famoso stupore, un'occasione particolarmente leggiadra per l'esperienza, il presentimento del grande miracolo, la venerazione della vita. Al pari dei fiori, esse sembrano esser state inventate da gentili, leggiadri e arguti geni; immaginate, con delicata voluttà creatrice, espressamente come decorazione, come ornamento, come gioielli; come piccole, scintillanti opere d'arte e canti di giubilo.



Bisogna essere ciechi o estremamente aridi se alla vista delle farfalle non si prova una gioia, un frammento di fanciullesco incanto, un brivido dello stupore goethiano. E certo ve ne sono buoni motivi. La farfalla, infatti, è un qualcosa di particolare, non è un animale come gli altri, in fondo non è propriamente un animale ma solamente l'ultima, piú elevata, piú festosa e insieme vitalmente importante essenza di un animale. È la forma festosa, nuziale, insieme creativa e caduca di quell'animale che prima era giacente crisalide e, ancor prima che crisalide, affamato bruco. La farfalla non vive per cibarsi e invecchiare, vive solamente per amare e concepire, e per questo è avvolta in un abito mirabile, con ali che sono molte volte piú grandi del suo corpo ed esprimono, nel taglio come nei colori, nelle scaglie e nella peluria, in un linguaggio estremamente vario e raffinato, il mistero del suo esistere, solo per vivere piú intensamente, per attirare con piú magia e seduzione l'altro sesso, per incamminarsi piú splendente verso la festa della procreazione. Tale significato della farfalla e della sua magnificenza è stato avvertito in tutti i tempi e da tutti i popoli, è una rivelazione semplice ed evidente. E ancora piú è divenuta, da festoso amante e splendente metamorfo, un emblema sia dell'effimero come di ciò che dura in eterno, e già in tempi antichi fu per l'uomo paragone e simbolo dell'anima.

Si tenga al contempo presente: la parola Schmetterling non è molto antica, né è divenuta comune a molti dialetti tedeschi. Un tempo, questa strana parola, che esprime nel contempo un qualcosa di sommamente vivo ed energico come anche di grossolano e inadeguato, fu conosciuta e usata solo in Sassonia e forse in Turingia, penetrando nella lingua scritta e divenendo universalmente accettata solo nel diciottesimo secolo. La Germania meridionale e la Svizzera prima non la conoscevano, cosí per farfalla si usava il nome piú antico e piú bello: Fifalter, ma dato che il linguaggio umano, al pari del linguaggio della scrittura sulle ali delle farfalle, non è opera di intelletto o di calcolo, ma dell'impulso creatore e poetico del gioco, la lingua, qui come in tutte le cose che il popolo ama, non si è accontentata di un solo nome, ma gliene ha dati di piú, sí, molti di piú. In Svizzera ancora oggi la farfalla viene chiamata di solito Fifalter, oppure Vogel (Tagvogel, Nachtvogel) oppure Sommervogel.

Se esistono già tanti nomi per le farfalle nel loro complesso (c'è anche Butterfliege, Molkendieb, e una sfilza di altri) ci si immagini quanti nomi, variabili a seconda della provincia e del dialetto, vi sono per le singole specie di farfalle — o fra poco bisognerà dire: vi erano, poiché al pari dei nomi indigeni dei fiori si stanno lentamente estinguendo, e se tra i ragazzi non ci fossero sempre amici e collezionisti di farfalle, questi meravigliosi nomi per la maggior parte sparirebbero via via, come in molti luoghi la ricchezza di varietà di farfalle è in larga parte sparita ed estinta in seguito all'industrializzazione e alla razionalizzazione dell'agricoltura.

E a favore dei collezionisti di farfalle, dei giovani come degli anziani, si può dire anche altro. Il fatto che i collezionisti uccidano le farfalle, le infilzino con gli aghi e le preparino per poterle conservare possibilmente belle e possibilmente durevoli, viene indicato, fin dall'epoca di J.J. Rousseau, spesso con atteggiamento pietistico, come una brutale crudeltà, e nella letteratura tra il 1750 e il 1850 appare la comica, pedantesca figura di quello che può godersi le farfalle solo morte e infilzate con gli spilli. Questo era già allora in parte insensato e lo è oggi quasi del tutto. Naturalmente ci sono, tra i giovani come tra gli adulti, di quei collezionisti che non giungono mai al punto di voler lasciare in pace le farfalle per osservarle vive in libertà. Ma anche i piú rozzi collezionisti contribuiscono a che non ci si scordi delle farfalle, che qua e là, in qualche parte, si conservino i loro antichi meravigliosi nomi e a volte contribuiscono anche a che ci siano ancora le amate farfalle. Infatti, cosí come la passione per la caccia conduce ovunque, alla fine, non soltanto alla caccia, ma anche all'apprendimento e all'esercizio della conservazione, cosí i cacciatori di farfalle si sono naturalmente accorti per primi che grazie alla scomparsa di alcune specie di piante (ad esempio, l'ortica) e ad altri radicali interventi nell'equilibrio naturale, in certe regioni la quantità delle farfalle diminuisce rapidamente fino all'estinzione. E precisamente non nel senso che ci siano un po' meno cavolaie, o altri analoghi nemici di contadini e giardinieri; perché, quando in qualche parte del paesaggio gli uomini si impegnano troppo a organizzare, sono sempre le specie piú nobili, rare e belle a soccombere e ad estinguersi. Il vero amico delle farfalle non solo tratta con attenzione i bruchi, le crisalidi e le uova, ma fa anche quanto possibile per dare nei suoi dintorni possibilità di vivere a ogni specie di farfalle. Io stesso pur non essendo piú, da tanti anni ormai, un collezionista, di quando in quando ho piantato ortiche.

Ogni fanciullo che possegga una collezione di farfalle ha anche sentito parlare delle piú grandi, colorate, meravigliose farfalle che vivono nei paesi caldi, in India, in Brasile, in Madagascar. Qualcuno di loro le ha anche potute ammirare coi suoi occhi, nei musei o presso qualche appassionato, perché oggi queste farfalle esotiche, preparate su cotone, sotto vetro, e spesso assai ben presentate, si possono anche comprare, e infine chi non le ha viste di persona le conosce almeno da immagini. So bene quanto, da giovane, mi sono augurato di poter vedere una volta una particolare farfalla che, stando ai libri, volava in Andalusia nel mese di maggio. E ogni volta che qua e là, da amici o nei musei, riuscivo a vedere qualcuna di queste grandi meraviglie dei tropici, ho sentito in me risvegliarsi di nuovo qualcosa dell'ineffabile incanto della fanciullezza, qualcosa di quell'incanto mozzafiato quale io, ad esempio, provai vedendo per la prima volta la farfalla apollo.

E insieme a questa meraviglia, che racchiude anche malinconia, alla vista di quelle incantevoli farfalle mi avvicinavo anche, nel bel mezzo di una vita non sempre poetica, allo stupore goethiano, vivendo un attimo di rapimento, di contemplazione, di religiosità.

E piú tardi mi capitò addirittura ciò che non avrei mai creduto possibile, che io cioè dovessi viaggiare attraverso grandi mari, scendere sulle calde spiagge straniere, percorrere, penetrando foreste tropicali, fiumi popolati di coccodrilli, e osservare le farfalle tropicali, vive, nel loro ambiente.

Lí si realizzarono molti sogni infantili e, avverandosi, molti di essi hanno perduto sapore. Ma non si affievolí l'incantesimo delle farfalle; questa porticina verso l'indicibile, questo soave e facile sentiero verso lo "stupore" raramente mi ha abbandonato.

Fu a Penang che per la prima volta vidi in volo, vive, delle farfalle tropicali, a Kuala Lumpur per la prima volta ne catturai alcune e a Sumatra vissi un breve periodo, molto bello, sul Batang Hari, dove di notte sentivo rumoreggiare sulla giungla temporali selvaggi e di giorno scorgevo nelle radure della foresta librarsi le farfalle sconosciute, con il loro incredibile oro e verde, con i loro colori da pietre preziose. Nessuna di esse è restata, quando la rivedevo preparata con uno spillo o sottovetro, cosí mirabilmente eccitante, cosí favolosa come lo era stata in libertà, tra le ombre e le luci animate dove ancora viveva, dove i colori delle ali prendevano ancora vita dall'interno, dove al colore si aggiungeva il movimento, quel volo sovente cosí espressivo, sovente cosí misterioso, e dove la meraviglia non era tanto semplicemente abbandonata alla mia curiosità, ma doveva essere a ogni momento furtivamente scoperta e vissuta.

Pure, è stupefacente come si possano conservare bene le farfalle. La maggior parte degli esseri colorati, animali o piante, anche con la migliore preparazione perdono, dopo la morte, il piú della bellezza. Si osservino una volta, se non bastasse l'esempio dei fiori, le piume di un uccello che un cacciatore ha appena ucciso, e si osservi poi il medesimo uccello una mezza giornata piú tardi: c'è sempre, lí davanti, il blu, il giallo, il verde o il rosso, ma su di essi si è steso un velo estraneo, manca qualcosa, splende sempre ma non è piú raggiante, qualcosa che non torna piú si è spento in esso, è finito. Con le farfalle, invece, e con alcuni coleotteri, la differenza è meno forte, la fastosità dei loro colori permane anche con la morte, meglio che in qualsiasi altro animale. Le si può conservare per molto tempo, anche per decenni; devono solo essere protette oltreché dagli insetti anche dalla luce, in particolare da quella del sole.

Anche i popoli della Malesia, nei cui paesi allora viaggiavo, avevano i loro nomi per le farfalle, nomi differenti e tutti belli. E il nome generico, Schmetterling, conserva ogni volta nel suono il ricordo vivido dell'essere alato diviso in due parti, cosí come risuona soprattutto nel termine alto-tedesco Zwiespalter, in Fifalter, nell'italiano "farfalla", eccetera. Di solito i malesi chiamavano le farfalle o kupu kupu o lapa lapa — ambedue i nomi suonavano come un battito d'ali. Questo lapa lapa è qualcosa di egualmente bello e vivido, qualcosa di egualmente espressivo e di inconsciamente creativo come è l'occhio sull'ala di una vanessa bianca, lettera C tracciata sul retro dell'ala color ruggine di una farfalla indigena.

Chi osservi le tavole con le immagini di queste favolose farfalle, possa essere sopraffatto qua e là, e ovunque, dal grande stupore, che è stadio preliminare della conoscenza come della venerazione.

(1935)

2 commenti:

  1. Hermann Hesse sin da piccolo aveva una grande passione per le farfalle,di cui era collezionista.
    Da tale ammirazione fece un libro intitolato,appunto,"Farfalle". Le farfalle sono uno dei più alti simboli di libertà e cambiamento ,ma anche di una vita destinata a morire in fretta.Pensando alla farfalla viene in mente un qualcosa di bellissimo e variopinto,che dura oltre la morte... un qualcosa che stupisce chi ancora riesce ad emozionarsi guardando le bellezze della natura come per la prima volta o con gli occhi di un bambino, mentre oggi , presi dalla frenesia della vita, tutte le meraviglie che ci circondano sembrano ovvie e non riusciamo, quindi, a goderne.
    Claudia <3

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  2. sin da piccolo hermann hesse oltre ad avere una grande passione verso la scrittura in tutte le sue forme, si dedicò all osservazione delle farfalle. esseri veramente speciali dove la natura si rispecchia in tutte le sue forme a partire dai loro colori a finire alla loro leggiadria. Secondo me hermann hesse non vuole descrivere solo le farfalle ma, come anche nelle trasformazioni di pictor, rappresenta la loro evoluzione. con questo testo che Hermann hesse ci propone sulle farfalle indica la libertà e il cambiamento ; pero come ben sappiamo tutti queste muoino in poco tempo e indica secondo me una passione durata poco ma con la rinascita di una nuova viene alla luce un'altra farafalla bella e splendente come prima.

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